PROFILO ENRICO PICENI

È raro che in un’unica persona si sommino la cultura e la lucidità dell’intellettuale di rango, il gusto e la passione del grande collezionista, l’occhio e l’intuito dell’autorevole esperto. Ebbene, si può dire che Enrico Piceni incarnasse tutte queste caratteristiche, tanto da diventare quello che si dice ‘un personaggio’. Il suo nome rimane soprattutto legato all’opera di studio e di rivalutazione critica del secondo Ottocento pittorico italiano, in particolare di Giuseppe de Nittis, Federico Zandomeneghi e Giovanni Boldini, e ciò fin dagli anni Trenta del secolo scorso, quando questi pittori erano ancora nel limbo dell’arte, sovente disprezzati e visti come dei petits maîtres rispetto agli Impressionisti francesi. Di questi artisti capì e scelse le opere con la cultura e lo spirito del grande intenditore. Ricca e significativa, nel percorso della mostra, la selezione di dipinti e pastelli di Federico Zandomeneghi, autore del celeberrimo Moulin de la Galette, realizzato verso il 1878, quattro anni dopo il trasferimento nella capitale francese; quadro di grandissimo impatto, geniale e ardito nella composizione,

anticipa nelle coraggiose soluzioni alcuni aspetti di Toulouse-Lautrec. Non meno ragguardevole il nucleo dei de Nittis con opere di grande suggestione che rappresentano altrettanti punti-chiave del percorso artistico del barlettano. Ricordare oggi Enrico Piceni a trent’anni dalla scomparsa significa, dunque, riportare alla ribalta una delle fi gure rappresentative della Milano dei Toscanini, dei Gavazzeni, dei Borgese, dei Gadda, dei Mondadori, dei Vergani, facendo rivivere un capitolo tra i più interessanti del collezionismo moderno.

Enrico Piceni nello studio di via Manzoni a Milano