Il rapporto cinema-pittura è cosa nota. Meno noti, perlomeno al grande pubblico, i quadri cui registi colti come Blasetti e Visconti hanno guardato per raggiungere quella realtà visiva che ha fatto di pellicole quali 1860, Senso e Il Gattopardo veri e propri cult della cinematografia risorgimentale. Per entrambi si è rivelato determinante lo studio del linguaggio figurativo, oltre che narrativo, di Fattori, l’artista, tra i Macchiaioli, più dotato di vena creativa e insuperabile nel trasfondere nelle scene militari lo spirito e le attese di un’Italia prossima a divenire Nazione.
Sono noti i rimandi a La fanfara dei granatieri di Luigi Nono in 1860 (1933) di Blasetti, e di Visconti e Bolognini a La toilette del mattino di Signorini per alcuni interni di Senso e de La viaccia.
Ripetutamente citato dalla critica come esempio paradigmatico di trasposizione pittorico-filmica è il Garibaldi a Palermo, dipinto dal livornese intorno al 1860, quando andava esemplando il proprio lessico su un personalissimo archetipo iconografico. Riscoperto alla metà del secolo scorso dopo anni di oblio, lo si può considerare punto cruciale della maturazione dell’artista, un’icona in quel genere di rappresentazioni emotive ove, prendendo a pretesto i grandi eventi bellici nei quali “il grido di dolore” dei soldati italiani si era elevato più alto e più forte, egli, a suo modo, se ne fa portavoce, tramandandone la memoria in immagini di straordinaria intensità. Incentrato su uno degli episodi cruenti della campagna di Garibaldi in Sicilia, al di là di ogni retorica, documenta il momento in cui le truppe con le camicie rosse sono impegnate il 27 maggio negli scontri all’ingresso di Palermo nei pressi Porta Termini, oggi Porta Nuova. Tagliata sullo sfondo, se ne riconosce la massiccia linea architettonica avvolta nei fumi degli spari e circondata dalle macerie, mentre, alla destra, si distingue netta la sagoma del Generale, circondata, probabilmente, da quelle dei collaboratori Bixio, La Masa, Turr e Nullo.
Ed è con l’intento di far conoscere questa pietra miliare della partecipazione emotiva dei Macchiaioli alla causa italiana e del sentimento intimo e profondo che ha corroborato l’opera di uno dei suoi maggiori protagonisti espresso, in questo caso, oltre che con la nuova tecnica della “macchia”, attraverso inquadrature di un dinamismo e di un taglio, si potrebbe dire, cinematografico, che il Centro Matteucci per l’Arte Moderna presenterà nei propri spazi espositivi di Viareggio, dal 22 gennaio al 13 marzo 2011, Garibaldi a Palermo. Una memorabile pagina del Risorgimento nel capolavoro di Fattori.
La scelta dei curatori – Giuliano Matteucci, Francesca Panconi e Roberto Viale – non si è risolta in una semplice e scontata mostra sul Risorgimento, bensì in quello che, data l’unicità dell’opera, potrebbe esse definito un vero e proprio dossier storico-pittorico. E’ il caso di parlare, insomma, di un capolavoro che, dopo essere stato recentemente esposto al Musée d’Orsay di Parigi in occasione della grande mostra Voir l’Italie et mourir (2009), viene ora messo sotto la lente per essere da ciascuno interpretato secondo la propria ottica e sensibilità. Contestualizzato nel susseguirsi dei principali fatti d’arme e episodi artistici all’origine dell’idea – l’arrivo delle truppe di Napoleone III a Firenze, fissate da Fattori nei primi studi dal vero, il sentimento popolare che animò i fiorentini nei giorni della cacciata del Granduca Leopoldo, il fervore patriottico dei Macchiaioli nello schierarsi tra le file dei volontari, le grandi battaglie della Madonna della Scoperta e di Palestro e gli scontri dei Mille in Sicilia – il Garibaldi è affiancato da una serie di opere di Borrani, Buonamici, Bechi e dello stesso Fattori. Opere che, strettamente correlate e scaturite da una comune cultura figurativa, invitano a riflettere su come la strada verso la modernità battuta da quella generazione d’artisti sia tratteggiata di spaccati di profonda umanità.