L’Uomo dei Macchiaioli. I molteplici sguardi di Mario Borgiotti
Forte dei Marmi, Forte Leopoldo I
23 dicembre 2017-18 marzo 2018
PROROGATA FINO A MAGGIO
Progetto a cura di Elisabetta Palminteri Matteucci
Il rinnovato interesse sorto attorno alla figura di Mario Borgiotti, uno dei maggiori cultori ed esegeti della pittura italiana dell’Ottocento, si è accresciuto recentemente grazie anche alle due rassegne dedicategli tra il 2011 e il 2017 dalla Fondazione Matteucci per l’Arte Moderna: Genio dei Macchiaioli. Mario Borgiotti: occhio conoscitore, anima di collezionista e Il tempo di Signorini e De Nittis. L’Ottocento aperto al mondo nelle collezioni Borgiotti e Piceni.
Il desiderio di divulgare la singolare vicenda professionale ed umana di un personaggio senza il quale il movimento dei Macchiaioli non avrebbe potuto godere della fama e del prestigio che oggi, unanimemente, gli vengono riconosciuti, ha spinto il Comune di Forte dei Marmi ha celebrarne ancora la memoria con l’intento di concentrarne l’attenzione sui due lati forse meno conosciuti della sua talentuosa e poliedrica personalità, quelli dell’artista e del cultore d’arte.
Spirito vivace, grande appassionato di musica e suonatore di violino, Borgiotti crebbe precocemente come pittore nello stimolante ambiente livornese di “Bottega d’Arte”. Animato da un forte entusiasmo, gusto ed acume, s’impose quale paladino della riscoperta e valorizzazione dei Macchiaioli, esercitando la propria azione a Firenze dove il trasferimento nel 1938 si rivelò decisivo per l’affinamento dell’occhio e della mente attraverso la frequentazione del circolo d’intellettuali gravitante al Caffè delle “Giubbe Rosse”. Risale alla metà degli anni Cinquanta, la decisione di compiere il “salto vitale” a Milano dove il suo quartiere operativo, allestito nei prestigiosi ambienti di Palazzo Gallarati Scotti, al civico 30 della centralissima via Manzoni, sarebbe rimasto per un oltre un ventennio riferimento obbligato per studiosi, amatori e collezionisti.
Vi è però, nella sua geografia privata un’altra località che per lui, così orgogliosamente ancorato alle radici toscane, rappresenterà una costante, affatto marginale, dei soggiorni estivi trascorsi in famiglia, Forte dei Marmi. Una ridente cittadina che, lontana dai ritmi serrati imposti dalle contaminazioni tra scambi commerciali, ambizioni mecenatizie e collezionismo, rappresenterà per questo “amatore e divulgatore di tanta occulta bellezza”, come ebbe e definirlo Soffici, un vero e autentico luogo d’affezione. E sarà grazie alle frequentazioni elitarie provenienti tra gli anni Cinquanta e Sessanta da tutta Italia che, meritatamente, questo piccolo fazzoletto di terra compreso tra il Tirreno e le Apuane, riuscirà a conquistarsi il titolo di buen retiro da parte di una folta schiera d’intellettuali, artisti, mercanti, critici d’arte e letterari tra cui Roberto Longhi ed Enrico Pea che eleggeranno il Caffè del Quarto Platano a loro cenacolo.
La possibilità di respirare un clima culturalmente stimolante indurrà Borgiotti a trascorrere al Forte dei Marmi le proprie vacanze, attratto dalla possibilità di continuare in quell’atmosfera rilassata ed amena il dialogo instaurato da tempo nella città labronica, così come a Firenze o nella più cosmopolita Milano, con tutto l’eterogeneo coté che anima la scena artistica nazionale.
Il percorso espositivo si articolerà quindi in due sezioni, comprendendo nella prima oltre ad alcune vedute urbane, i suggestivi ritratti. Vere istantanee pittoriche realizzate da Borgiotti con estremo realismo e piglio emotivo, raffiguranti le intense espressioni dei cari amici labronici cui, ripetutamente, prestò aiuto e sostegno, affiancate a quelle più compassate ma non per questo meno palpitanti, di critici, letterati, protagonisti del teatro, dello sport, della lirica, della direzione musicale o della letteratura.
Nella seconda saranno esposti dipinti macchiaioli provenienti dalla collezione personale di Borgiotti. Opere che, in virtù di una sensibilità fuori dal comune nel percepire le idee ed i valori degli artisti, derivatagli anche dall’attitudine a dipingere, cominciò a raccogliere parallelamente al consenso che sempre più conquistava nell’attività di art dealer oltre che di connaisseur. Capolavori come Autunno nei dintorni di Siena di Signorini, restituito alla critica dopo il rinvenimento a Londra agli inizi degli anni Settanta o il recupero da un lungo oblio di Ricreazione, uno dei massimi capolavori di Antonio Mancini, rappresentano da soli l’altro lato non meno intrigante della sua sfaccettata natura, quello del collezionista e cultore d’arte.
Elisabetta Palminteri Matteucci